LA CACCIA AL COVID LATENTE A CACCIA DEL PRIMO GOAL!

Sono trascorsi 12 giorni dall’apertura del nuovo progetto di crowdfunding per la ricerca Unife dedicato alla lotta al COVID, e la risposta della collettività è stata davvero incoraggiante, volendo utilizzare un aggettivo al ribasso. L’Università di Ferrara ha puntato su tre ambiti di ricerca di grande importanza ma finora meno battuti dalla comunità scientifica, in una fase nella quale l’attenzione è legittimamente rivolta sui vaccini. Ma si possono e devono mettere in campo anche altre armi per combattere il virus.

Su una di queste sta lavorando Daria Bortolotti, ricercatrice in microbiologia che coordina un gruppo di lavoro di cui fanno parte anche chimici e medici della medicina interna. Ecco la sua semplice ma efficacissima spiegazione della ricerca in corso: “Il nostro progetto è volto a indentificare strategie per limitare la diffusione del virus. Ci sono sintomatologie conosciute, ma il virus si nasconde anche in altri tessuti e così può sfuggire ai trattamenti. Vogliamo legare in sinergia le diversi expertise del nostro eterogeneo gruppo di lavoro per raccogliere dati sui malati atipici, migliorare la qualità del tracciamento, e studiare così anche nuovi percorsi terapeutici”.

Quasi i due terzi del budget per realizzare il primo step di intervento sono stati coperti, grazie alla generosità di tanti privati (già 25) e di alcune aziende del settore che hanno voluto fortemente sostenere questa ricerca. Un punto di partenza, e non certo di arrivo: “Stiamo cercando di promuovere il più possibile il nostro progetto, anche facendo operazioni sul territorio: vorremmo che l’intera comunità si sentisse parte di un lavoro che va nella direzione del bene di tutti. La visibilità che ci ha concesso Unife scegliendoci per le campagne di crowdfunding è stata importantissima, anche al di là del ritorno dei finanziamenti. Ci sta consentendo di aprire molti canali collaborativi: percepiamo che stiamo sviluppando qualcosa di valore; questo ci emoziona e ci rende orgogliose”.

A che punto è la ricerca? “Grazie alla collaborazione con la medicina interna, che ha rappresentato il nostro punto di partenza, stiamo raccogliendo tessuti e facendo la biobanca per costruire adeguati protocolli. Il nostro obiettivo è di ottenere il sostegno per concludere tutti gli step. Tutti capiamo l’urgenza delle risposte che stiamo cercando”.

Un gruppo eterogeneo, ma composto nella sua totalità da donne. Esistono atout tutte al femminile nella ricerca scientifica? “Se penso alle principali caratteristiche umane attribuite alle donne, rilevo che tutte sono perfette per fare ricerca. Siamo curiose e abbiamo fantasia: riusciamo a porci domande che ci permettono di giungere a risposte più innovative. Anche gli aspetti emozionali possono garantire una spinta ulteriore: vediamo tutto in modo meno asettico, e questo è tutt’altro che un male in laboratorio. Infine, siamo pignole; e la pignoleria è fondamentale!”.